San Corrado

Ultima modifica 23 ottobre 2021

San Corrado nasce a Calendasco nel 1290. Egli discende dalla nobile casata dei Confalonieri che oltre ad abitare in Piacenza, avevano vasti feudi assegnati loro quale privilegio di essere una famiglia guelfa fedele alla Chiesa. Nei dintorni del paese, in una zona fitta di boscaglie (la tradizione parla di Case Bruciate, vicino a Carpaneto Piacentino - anche se recenti studi indicano una nuova località sita in territorio di Calendasco), Corrado si trova a caccia con una compagnia di amici e familiari. Quel giorno la caccia non dà buon esito e Corrado ordina di appiccare il fuoco alle sterpaglie per stanare la cacciagione ma, complice il forte vento, il fuoco in un attimo brucia tutto ciò che incontra, tra cui boschi, case e capanne. Spaventati ed impotenti di fronte a questo evento, Corrado e i suoi scappano verso casa, decisi a non far trapelare la verità.

Non appena la notizia si propaga in città, subito si scatena la caccia al responsabile, che viene individuato in un povero contadino, accusato di incendio doloso (si credeva infatti che l'incendio fosse stato appiccato dai Guelfi per colpire l'attuale governanza Ghibellina).

La notizia della condanna colpisce l'animo di Corrado, che non riesce a darsi pace per quello che è successo a causa sua. Non esita quindi ad interrompere il corteo punitivo ed a chiedere udienza al Signore di Piacenza, dove dichiarerà la propria colpevolezza, e subendo la pesantissima pena della confisca di tutti i terreni per risarcire il danno fatto (essendo di nobile famiglia, evita punizioni corporali). Ma questo fatto sarà decisivo per gli atti successivi della sua trasformazione da uomo nobile del mondo a convertito e penitente.

La conversione

Questo evento segna profondamente la vita di Corrado, che negli anni successivi si avvicina sempre più alla fede. Vestirà infatti l'abito penitenziale francescano ritirandosi nell'eremo nei pressi di Calendasco e guidato da frate Aristide. Essendo infatti l'hospitale di questi fraticelli sulle terre del suo feudo calendaschese, egli ben conosceva il loro esemplare modo di vita, affidato tutto alle sole parole del Vangelo.

Tra i penitenti, gli eremiti e gli ospedalieri erano quelli maggiormente impegnati: erano uomini per lo più di età matura provenienti da ogni classe sociale (vedovi, sposati, nobili ed intellettuali ma anche semplici servi, contadini o ortolani).

Gli Ordini mendicanti riconosciuti sono Domenicani e Francescani. Si tratta di Ordini nati tra l'XII ed il XIII secolo in seno alla Chiesa cattolica ad opera di Domenico di Guzmán, fondatore dell'Ordo Praedicatorum, e Francesco d'Assisi, fondatore dell'Ordo Minorum. La caratteristica generale di questi ordini è la totale mancanza di proprietà sia individuale che collettiva da parte dei frati, i quali gestiscono totalmente in comune i beni presenti nel convento. Questa scelta fu in netto contrasto con l'evidente ricchezza del clero secolare e degli ordini monacali del tempo, che non erano legati da alcun voto di povertà, ma, proprio per questo motivo, ritenuta meno efficace nella predicazione del Vangelo.

Sarà così che Corrado, in accordo con la moglie, decidono entrambi di donarsi alla religione: lui quale francescano terziario, lei quale clarissa: questo era infatti quanto prescriveva la regola dei Terziari, secondo la quale quando il coniuge voleva dedicarsi completamente alla vita religiosa vestendo l'abito terziario in una fraternità, anche la moglie doveva fare lo stesso dando il proprio assenso.

Nel progredire nel suo stato religioso ha modo di riflettere sulla sua scelta, fino a prendere la decisione di lasciare Piacenza e tutte le cose materiali per dedicarsi alla propria anima ed alle cose eterne, così che, intorno al 1335, Corrado lascia la città.

Corrado mostra una conversione francescana, vestendo l'abito Terziario, ma come gli atti concreti della sua vita mostreranno, ha una vocazione eremitica, o anacoretica (l'anacoresi infatti è la separazione dal mondo, con l'impegno ad opporsi alla materia nel rinnegare la natura allo scopo di ottenere ciò che supera tutto il materiale per il solo bene dello spirito).

La vita in Sicilia

Nel suo lungo peregrinare, eremita itinerante secondo la tradizione francescana, Corrado attraverserà l'Italia verso sud, pregando sulle tombe degli Apostoli a Roma, finché non giungerà nella sua meta definitiva, Noto, in Sicilia, intorno al 1340.

Qui lega una stretta amicizia con Guglielmo Buccheri, un antico scudiero di Federico II d'Aragona che le vicende della vita portarono a fare una scelta d'eremitaggio simile a Corrado. Buccheri ospiterà Corrado nelle cosidette Celle, un quartiere isolato nei pressi della Chiesa del Crocifisso, dove vi rimarrà per circa due anni, fino al ricominciare delle sue peregrinazioni quando il suo eremitaggio è compromesso dalle sempre più numerose genti che chiedono a lui preghiere e consigli.

Corrado soffre tutte queste attenzioni e si trasferisce in zone remote e desertiche, il suo unico pensiero è avvicinarsi a Dio, non sente infatti il bisogno di alcunché di materiale. La sua è una vita ascetica al pari dei grandi Padri del deserto: infatti egli diventa xeniteta, cioè lascia la propria patria natia, Piacenza, dimentico di tutti gli affetti: insegnano infatti i Padri che per essere maggiormente liberi dagli affanni del mondo bisogno liberarsi di tutte le passioni e pratiche del mondo materiale, non ultima quella verso i propri parenti più prossimi.

San Corrado è un Terziario, a Piacenza essi erano molto numerosi (la città ospitò un raduno assurto quale primo Capitolo Generale terziario laicale tenuto nel 1280) ed esprimono l'orientamento alla vita comunitaria, nel corso dei secoli, organizzandosi in numerose Congregazioni autonome di frati e di suore.

I francescani rientravano tra gli Ordini religiosi approvati e ben voluti: il papa Gregorio X (il piacentino Tedaldo Visconti) nel II° Concilio di Lione del 1274, nelle Costituzioni, decreta tra l'altro alcune decisioni sugli ordini mendicanti: un concilio generale con apposita proibizione ha cercato di evitare l'eccessiva diversità degli ordini religiosi, causa di confusione. Ma l'inopportuno desiderio dei richiedenti in seguito ha strappato, quasi, il loro moltiplicarsi e la sfacciata temerità di alcuni ha prodotto una moltitudine di nuovi ordini, specie mendicanti, ancor prima di aver ottenuto un'approvazione di principio.

Rinnovando la costituzione, proibiamo assolutamente a chiunque di istituire un nuovo ordine o una nuova forma di vita religiosa, o di prendere l'abito in un nuovo ordine. Proibiamo per sempre tutte, assolutamente tutte, le forme di vita religiosa e gli ordini mendicanti sorti dopo quel concilio, che non abbiamo avuto la conferma della sede apostolica e sopprimiamo quelli che si fossero diffusi. Non vogliamo tuttavia che la presente costituzione si applichi agli ordini dei Predicatori e dei Minori, la cui evidente utilità per la chiesa universale ne testimonia l'approvazione... Quanto agli ordini dei Carmelitani e degli Eremiti di Sant'Agostino, la cui fondazione risale a prima del concilio generale di cui abbiamo parlato, concediamo che essi possano rimanere nella propria condizione...

L'11 luglio 1295, Papa Bonifacio VIII promulga la bolla Cupientes cultum con la quale concede ai Terziari Regolari, presenti in numerosi insediamenti in diverse parti, di avere propri luoghi di culto. Approva quindi formalmente lo stile di vita comunitaria e l'attività pastorale esercitata dai Terziari, frati e suore. Già una regolamentazione chiara era stata data da papa Niccolò IV con la bolla Supra montem, diretta ai penitenti della Lombardia.

Limitando il discorso al Terzo Ordine Regolare maschile (Tor), che risale al tempo di San Francesco d'Assisi e continua senza interruzione fino ad oggi. Nel 1323 il pontefice Giovanni XXII, con la bolla Altissimo in divinis, ribadisce l'approvazione ecclesiastica e conferma la vita regolare intrapresa dai Terziari francescani, dichiarandola lodevole e conforme alle intenzioni di San Francesco.

Generalia Statuta del 1549 Sive Decreta Fratrum Tertii Ordinis Sancti Francisci de poenitentia nuncupati regularis observantiae Congregationis Longobardae in habitu heremitico degentium riportano l'antico richiamo all'abito eremitico: non sorprende quindi un San Corrado francescano che è allo stesso tempo Terziario ed eremita.

I miracoli

Trovatosi in una zona assai inospitale, Corrado decide di sistemarsi in una grotta, detta appunto Grotta dei Pizzoni, dove finalmente può ritirarsi in una vita meditativa, anche se la gente, ormai affezionata al buon pellegrino, non smetterà mai di andarlo a trovare. Durante una delle sue visite a Noto, Corrado incontra un suo vecchio conoscente, tal Antonio Sessa, il quale soffriva da tempo di ernia. Alla vista dell'amico dolorante, Corrado ne ha compassione e, dopo aver pregato per lui, questi immediatamente guarisce per sempre dai suoi dolori.

Un altro avvenimento miracoloso, è stata la guarigione del figlioletto di un altro amico sarto che soffriva di un'ernia assai sviluppata. Questi sono solo due esempi dei miracoli fatti da Corrado in quel periodo, i doni di Dio frutto di una profonda vita spirituale.

Il più famoso, e legato alla figura di Corrado, rimane il miracolo dei Pani, che Corrado compì durante la terribile carestia che colpì la Sicilia negli anni 1348 – 1349, causata dalla peste nera che imperversava. In quel periodo, chiunque si rivolgesse con fiducia a Corrado, non tornava a casa senza un pane caldo, impastato dalle mani degli Angeli.

Corrado muore nella sua grotta il 19 febbraio 1351 con al suo fianco il confessore, mentre si trova in ginocchio in preghiera con gli occhi al cielo. Rimane in questa posizione anche dopo il trapasso, mentre una luce avvolge la Grotta dei Pizzoni. Verrà seppellito nella Chiesa di San Nicolò a Noto Antica, secondo le sue volontà. In seguito il corpo è traslato nella bellissima Cattedrale di Noto ove è venerato da parecchi secoli.

La beatificazione

L'iter relativo alla beatificazione e poi santificazione di san Corrado Confalonieri di Piacenza (Calendasco 1290 – Noto 1351) è assai ricca di sviluppi. Già subito dopo la morte si avviarono le procedure che per quel periodo erano meno complesse. Già il Vescovo locale, che allora era quello di Siracusa, poteva procedere egli stesso alla santificazione di una persona vissuta in virtù eroiche testimoniate, oltre che dalla vita stessa, anche da persone viventi che avevano conosciuto la persona in nome di santità.

Lo stesso vescovo di Siracusa aveva assistito personalmente al miracolo dei pani compiuto da San Corrado. Il vescovo accertò di persona che egli viveva in una grotta nelle montagne netine senza nulla di ciò che serve alla vita comune: eppure Corrado porse al vescovo del pane caldo e fragrante, meravigliando lo stesso che ne riportò fedele memoria. Subito dopo la morte del santo (19 febbraio 1351) si diede inizio alla causa. Sospesa poi per cause legate ad eventi politici e civili, riprese nel 1400, ancora nel 1500 e si concluse positivamente.

Papa Urbano VIII concede Uffico e Messa propria agli Ordini Francescani per san Corrado Confalonieri al 12 settembre 1625, mentre a Piacenza il 2 giugno 1625 con Decreto del Cardinale Farnese si pone giorno di Festa feriale obbligatoria il 19 febbraio con solenne Pontificale nella Cattedrale cittadina. Nel frattempo, nel 1612 si era eretta, sempre nel Duomo, una sontuosa cappella tutta affrescata, così come nel 1617 la si erigerà in Calendasco, scoprendo lo stesso Vescovo che nel paese il santo ebbe l'origine terrena oltre che quella spirituale nel piccolo hospitale dei penitenti che era poco discosto dal luogo.

Corrado viene beatificato da Papa Leone X che permette il culto del Beato Corrado e nel 1644 Noto ufficializza San Corrado come suo Patrono.

Celebrazioni

Fra le numerose celebrazioni dedicate al Santo, da segnalare il 19 febbraio presso la Parrocchia di San Corrado Confalonieri a Piacenza la cerimonia di incontro tra i rappresentanti della comunità piacentina e netina, con l'arrivo nella città emiliana di numerosi fedeli di Noto e dei netini residenti in nord Italia, per una celebrazioni ricca di significati e fratellanza.

Il Santo è Patrono di Calendasco, dove è venerato e festeggiato il 19 febbraio fin dall'inizio del XVII, quando il culto da Noto arrivò a Piacenza. Nella chiesa parrocchiale (dedicata a Maria Assunta), si trova un dipinto di autore ignoto del primo 1600 che lo raffigura con l'abito francescano durante la sua conversione nell'eremo denominato gorgolare, sito nei pressi di Calendasco, e si conserva anche una sua reliquia, precisamente il pollice della mano sinistra. Dagli antichi Registri conservati nella chiesa, si ritrova attiva da ben quattro secoli la Compagnia di san Corrado, a cui aderivano gli abitanti di questo luogo con obbligo oltre di un piccolo obolo annuale, anche di avere una propria 'cappa' bianca per distinzione.

Nella stessa Noto, il Patrono lo si ricorda con processioni svolte ogni anno due volte (quattro considerando le ottave) il 19 di febbraio e nell'ultima domenica di agosto.

Dal 1485 il corpo del santo eremita a Noto viene conservato in una magnifica urna argentea. In agosto viene celebrato proprio l'arrivo del Santo e della prima processione avvenuta proprio in quella occasione.

I luoghi e la terra di San Corrado Eremita Terziario

I luoghi e la terra ove si svolsero gli eventi di questo santo sono principalmente Calendasco e Noto, in Sicilia. Nel borgo piacentino vi nacque nel castello ed in seguito sempre qui si ritirò tra i penitenti francescani, invece a Noto, nella sua bella valle, visse ormai uomo maturo, quale eremita in una grotta di nuda pietra.

Il santo Corrado è morto in Val di Noto il 19 febbraio 1351 e da allora è veneratissimo. A Piacenza il culto al santo giunse all'inizio del 1600: il Vescovo di Piacenza e il Nobile feudatario di Calendasco Zanardi Landi, nel Legato del 1619, testimoniano che egli nacque in Calendasco, da quattro secoli è venerato con grandi feste nel borgo sul fiume Po.

Noto è il Giardino di Pietra: bellissima Città Ingegnosa ove il Barocco nei suoi monumentali palazzi è all'apice. Nella Valle circondante la città, vi è l'eremo di San Corrado, che ingloba ancora oggi la grotta del santo. Una nuda grotta rocciosa ove visse in preghiera e contemplazione; qui morirà in ginocchio il 19 febbraio 1351.

I Confalonieri, secolari feudatari di Calendasco

I Confalonieri hanno avuto il feudo di Calendasco per quasi duecento anni: è quindi importante poter mostrare anche come operarono sul territorio, desumendolo da alcune carte conservate negli Archivi di Stato di Piacenza ed in quello della Parrocchiale calendaschese.

La Casata Nobile dei Confalonieri dalla quale discende lo stesso santo eremita piacentino, nato in Calendasco nel 1290, è d'antica stirpe: erano conosciuti già all'epoca di Carlo Magno. Nel medioevo furono Capitani del Vescovo di Piacenza. A Calendasco per quasi duecento anni furono feudatari bonis et juribus: oltre ad essere proprietari della zona e del borgo, dove vivevano nel castello, erano anche gli amministratori della giustizia locale. Sempre furono attenti ai bisogni del presbitero della chiesa del luogo, posto accanto al castello.

I Nobili Confalonieri da secoli a Piacenza mantenevano il privilegio di accogliere il nuovo Vescovo, con un cerimoniale descritto molto bene in una carta del 1611 proprio sul santo ed i suoi avi, redatta dopo una ricerca fatta fare dai Priori di Piacenza ed anche già espressamente richiesta allo stesso Vescovo.

Tanti altri documenti elencano le proprietà terriere di questi Nobili in Calendasco. In un atto del 5 novembre 1463 compaiono i fratres de Confanonerii. I nomi dei Nobili che appaiono nelle varie carte sono tanti tra questi ricordo: Helena, Lodovico, Antonio, Aloisio, Bernabò, Maddalena, GiovanBattista, Camillo e Pietro. Continuando nell'analizzare atti miranti ad indicare la presenza dei Nobili nella zona, da cui discese anche il Santo Corrado, ecco una carta scritta di pugno il 2 giugno 1577 dal Confalonieri, circa il diritto di adaquare 52 pertiche di terra prativa accordato al rev.mo pretto Antonio dal milio e con firma autografa del nobile.

Altro atto del 29 novembre 1578 dice della presenza nel borgo di Camillo Confalonieri che concede, sempre allo stesso presbitero, di poter irrigare i prati. Lo stesso, però, deve essere tenuto a contribuire a tutte le spese ligitime che se fa ogni anno a condurre detta aqua da Rivalta a Calendascho alla rotta... fatto il presente acordio scritto di mia mano propria io camillo confaloner afermo quanto di sopra... io pretto antonio del milio prometto acetto et afermo quanto di sopra, seguono quindi le firme assieme a quelle di altri testimoni del patto. Altro identico patto è del 26 aprile 1584 ove si dice fatto di novo la canna del rivo de Calendascho per condurre aqua dal fiume della trebbia allo dicto luogo de Calendascho e compare Ottaviano dal Milio moderno rectore della Chiesa di Santa Maria del detto luogo... Camillo e fratelli delli Confalonerii... Mutio Benzoni... GiovanBattista Zanardo-Lando e tutti questi signori Conti concedono diritto di irrigazione per le terre parrocchiali. Altra carta dello stesso anno dice ill.mi Dominii GiovanBatista, Camillus et BertAntonio fratriis delli Confaloneriis al pretio inter eos conventu di concedere acqua ogni 15 giorni per i prati della chiesa ed è sempre detta venire da Rivalta verso il rivo di Calendasco. Un'altra carta del 1546 è sempre su patti d'irrigazione, a firma di Battista Confalonieri e li ritroviamo ribaditi ancora nel 1578. Sebbene i Rivi siano tanti, quindi, i Confalonieri rimangono i principali detentori delle acque, concedendo le stesse previo pagamento di consumo ed uso.

Della stessa Casata i fratelli Cesare e Livio hanno terre a confine con il molino de sopra e la stessa strada publica de Calendascho. Alla data del 8 ottobre 1558 risulta essere dato a fitto dai Confalonieri il molino posto presso il Castro Calendascho e ancor oggi, nel fossato che fronteggia il castello, quasi al ridosso della entrata poco discosto dalla torre, è visibile l'arco di uscita delle acque in direzione del dislivello che dà su ciò che resta di antiche abitazioni, ove non è quindi difficile individuare la collocazione di questo antico molino.


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