Un Po' di storia

Ultima modifica 23 ottobre 2021

Sul territorio sono presenti alcuni resti archeologici di insediamenti abitativi e produttivi di epoca preistorica, mentre sono numerosi quelli di epoca romana. Durante tale periodo, infatti, il territorio era fittamente popolato. Il borgo ha la sua origine dalla antica mansione romana di Ad Padum (Al Po), cioè il luogo effettivo del passaggio del fiume, che nei secoli resterà in uso sulla strada romana Placentia - Ticinum (Piacenza – Pavia).

È ancora visibile un ampio tratto della centuriazione romana e parte dell'antica consolare. Antico è anche il porto sul Po, di origine romana e conservato con privilegi dal re Longobardo Liutprando e poi da Carlo Magno, che ha fatto di Calendasco un punto di snodo fondamentale della Via Francigena.

Il paese si trova già citato nel Codice Diplomatico Longobardo, cioè una raccolta di antichi atti, ove abbiamo pergamene del 769, 784, 892 e tante altre che sono riferite al borgo. È attestato che in epoca longobarda la chiesa ricevesse la decima, cioè una tassa dovuta all'oratorio di Santa Maria in monticello di Calendasco.

I Longobardi ebbero parte attiva nella vita del paese: probabilmente la borgata fu di loro diretta fondazione. L'importanza di Calendasco durante l'alto medioevo è testimoniata dalle carte longobarde e da quelle imperiali successive: qui vivevano ed operavano due scabini (cioè giudici), ed il presbitero di questo centro abitato, come attesta una pergamena dell'804, aveva terre e possedimenti anche nella zona di Campione, presso Como, a testimonianza di come il luogo fosse strategicamente importante ed abitato quindi da nobili che ne sfruttavano le risorse. Liutprando mantenne i privilegi al porto con un documento del 715 e Carlo Magno li ribadì per tre importanti motivi quali l'importanza della strada romana Placentia-Ticinum, il porto fluviale con la riscossione della gabella e la presenza del castello e del recetto con funzione di avamposti prossimi alla città.

Il periodo preistorico e protostorico

Nella seconda metà dell'Ottocento - nei pressi di Calendasco - in una cava di argilla presso una fornace, fu rinvenuto un ripostiglio con sette pugnali di selce dell'età del rame sotto un potente strato di argilla.

Stando a quanto viene riferito, vennero scoperti con un sol colpo di zappa [...] in un sol luogo. Due pugnali finirono al liceo cantonale di Lugano e furono pubblicati da Marinoni nel 1868, degli altri si ignora la sorte. Il luogo da cui provengono questi pugnali è stata recentemente individuata dai ricercatori del Centro Studi Ad Padum, nei pressi della località Campadone, dove si trovano ancora le tracce della fornace, e di un vasto insediamento pre e protostorico.

Anche in altre località, soprattutto nei pressi dalla mansione romana Ad Padum, sono emersi nell'aratura frammenti ceramici, presumibilmente dell'età del bronzo e della seconda età del ferro. Questa situazione avvalora l'ipotesi che la strada consolare romana che attraversa il territorio da Piacenza fino al porto guado sul Po in località Boscone Cusani, seguisse una pista molto antica e sfruttata.

La documentazione longobarda relativa al paese attesta questo, oltre alle ottime carte medievali che esplicitano la strata romea propter Calendasco.

La Via Francigena e il porto antico di Calendasco

Calendasco fa parte del percorso della Via Francigena, o Romea, in quanto l'Arcivescovo di Canterbury Sigerico attraversò qui il Po nell'anno 990 d.C., durante il suo viaggio a Roma per ricevere l'investitura dal Papa. Ma ancor più notevole è che sul territorio del Comune vi era l'antico porto romano di Piacenza (le memorie storiche ricordano un emporium, cosa alquanto logica presso un porto ove giungevano merci).

La Via Francigena è segnalata in carte del 1140,1187, 1056, ove ritroviamo citata la strata romea passante in eodem loco Kalendasco. Al porto di Calendasco le imbarcazioni dovevano pagare una gabella per l'attracco o per il solo transito in direzione di Venezia o Pavia.

Un accordo tra i piacentini ed i ferraresi stipulato a Ferrara il 5 novembre 1181 riporta:

[...] et Ferrariensis debe esse salvus et custoditus in persona et in habere in Placentia et in districtu Placentie, et non debet dare aliquam dationem in Placentia vel in districtu Placentie, nisi duos solidos de fune navis et unam libram piperis super rivum et unam aliam libram piperis ad roncarolum de sterio [...].

Importantissimo il fatto che Calendasco sia stato feudo del Vescovo Conte di Piacenza già dal 1000. Tra i maggiori monumenti del borgo, rientravano: un recetto, il castello, l'antica chiesa, il romitorio e un hospitale per pellegrini che fu anche dei Penitenti francescani e luogo del primo ritiro di San Corrado Confalonieri alla sua conversione.
La chiesa di Santa Maria Assunta, ancora nel 1600, è nominata quale plebs, cioè pieve, oltre ad essere arcipretura.

I porti sul Po nel territorio di Calendasco

Altri importanti porti e punti di attraversamento serviti da un traghetto sono segnalati sulle mappe conservate in Archivio di Stato di Parma, Piacenza e Milano.
I porti con relativo traghetto per la semplice traversata del fiume sono, oltre al già citatissimo porto di Soprarivo della Via Francigena, quello in località Masero, a meno di un chilometro dal borgo, porto chiamato del Botto.

Un altro è quello indicato come porto della Raganella di fronte alla borgata lombarda di Valloria: era questo il porto utilizzato dal monastero benedettino di Cotrebbia Vecchia. Da ultimo, vi è quello situato in direzione di Sarmato, a qualche chilometro da quello di Soprarivo, chiamato porto di Cainfango.

Il medioevo: Castrum Calendaschi

Il feudo di Calendasco è, dai primi anni mille, dipendente dal Vescovo di Piacenza, che fa erigere un recetto, cioè un luogo di difesa dei contadini locali e centro di raccolta dei prodotti agricoli, ovvero un antico prototipo di consorzio. I documenti longobardi testimoniano dei presbiteri locali già dai secoli VII e VIII, in piena epoca della dominazione dei longobardi prima, e franca, in seguito. Il burgi calendaschi, era composto dal recetto e dal castello, dalla chiesa e dall'hospitale dei pellegrini diretti al porto del Po. La chiesa era sotto la dedicazione a Santa Maria.

Il paese era spesso citato come burgo, cioè borgo, distinzione netta da villa, termine con cui ci si riferiva a un piccolo agglomerato. Quale borgo, Calendasco ebbe molta importanza: si sa che nel tardo XIII secolo i borghi più importanti sulla Via Francigena in territorio piacentino erano Fontana Fredda (attualmente frazione del comune di Cadeo), Fiorenzuola d'Arda e Calendasco.

In un documento conservato nell'archivio parrocchiale e risalente al 1461, è riportata ancora apertamente la dizione burgo. La carta, datata 12 gennaio 1461, è stata scritta nella Curia Vescovile di Piacenza, ed interessava il Dominus presbiter Gulielmus de Ferrariis rector ecclesiae sanctae Mariae de Calendascho Placentinae Diocesis. Vengono inoltre citati parte in causa in questo atto notarile i feudatari del borgo Nobilis Vir Bernabos de Confanoneriis filio Divi Lodovici et Nobil Donne Helena matris suae. Si legge inoltre che vengono fatte permute e fitti di terre casamentate et in parte canellate, poste in burgo dicti loci Calendaschi.

L'eremo-hospitale di san Corrado Confalonieri

Nel borgo di Calendasco è attestato un antico xenodochio longobardo, del quale ancora restano buone vestigia sotto all'attuale hospitio che fu dei Terziari penitenti di S. Francesco: al suo interno vi si è ritirato per alcuni decenni San Corrado Confalonieri. Questo santo è nato fisicamente nel castello del paese nel 1290. L'hospitio dicti loci calendaschi è segnato in un'antica mappa del tardo 1500 e compare in atti inediti del 1600 ancora quale luogo di importanza civile.

Qui infatti, subtus portichus dicto hospitio loci calendaschi, venivano fatti gli atti più importanti della comunità locale. I penitenti, che gestivano il luogo di sosta dei pellegrini della strada romea o francigena, ebbero sempre in grande cura questo luogo, ed è proprio grazie alla Via Francigena che l'hospitio assume valore locale come tappa fondamentale. I frati penitenti del Terzo Ordine francescano erano guidati, a quei tempi, dal beato frate Aristide.

Gli studi riportano che i Terziari francescani avevano in Italia molti romitori come quello detto al gorgolare di Calendasco, ove spinti dal desiderio di perfezione, sotto la guida di un superiore da loro stessi scelto, si dedicavano al servizio degli infermi poveri e dei pellegrini presso qualche pubblico ospedale od ospitio.

Generalia Statuta del 1549 riportano l'antico richiamo all'abito eremitico: non sorprende quindi un San Corrado francescano che è allo stesso tempo Terziario ed eremita.

Il castello

Il maestoso castello ad una torre cilindrica che si osserva di fianco alla chiesa del borgo, conserva attualmente l'architettura di fine XIII inizio XIV secolo. Ad ingresso levatoio, con fossato, è affiancato da un più antico recetto, anch'esso ad entrata levatoia. Sulla piazza antistante a queste imponenti costruzioni si erge massiccia la fortificazione che fungeva da scuderie per i cavalli e stalla dei bovi, recentemente acquisita nell'ambito delle sue proprietà da parte dell'amministrazione comunale.

Nel castro dicti loci calendaschi si conservano le due sale con caminata magna, precisamente la caminata magna inferiore e quella superiore così come testimoniano i documenti medievali. Il primo nucleo importante è il recetto, costruito per volontà del Vescovo di Piacenza, feudatario del luogo, nei primi anni del 1000. Il castello sorgerà un secolo dopo, quando l'importanza del porto sul Po, con passaggi notevoli di genti e merci, richiese protezione, guardia armata e riscossione di gabelle. La famiglia che maggiormente resse questo feudo risiedendo nel maniero sappiamo con certezza dai documenti che furono i Confalonieri, infatti le carte notarili ci mostrano la loro presenza vivace e continua per quasi duecento anni (dal 1400 a quasi tutto il 1500).

Il 12 gennaio 1461 presso la Curia vescovile di Piacenza, alla presenza del preposto Paolo Malvicini de Fontana e dei notai piacentini Antonio Gatto e Pietro De Jerondi, si redigeva un atto che andava ad interessare il Dominus presbiter gulielmus de ferrariis rector ecclesie sancte marie de calendascho placentine diocesis ed il Nobilis vir Bernabos de confanoneriis filio divi ludovici e la nobilis donne Helena matris sue, ancora i Malvicini de Fontana con Magdalena, poi antonio de confanonerii che redigono questo instrumento publico di cambio terre con concessione di diritto irrigatorio.

Terre casamentate et in parte canelate poste in burgo dicti loci calendaschi, andando ad interessare il cimitterius con le sue pertinenze e queste terre vengono cambiate con un jus cimitterii e un jus irrigandis, ove il flumen Raganella è il portatore di acque. Queste terre, dietro al castello, hanno adiacenze anche con i fossati sia del castello stesso che del ricetto pubblico. Le coerenze, infatti, vanno incipiendo strata introitus dicti riceti sive roche sive castri calendaschi.

Ne deriva, quindi, un forte richiamo al castello ed al recetto quali edifici perfettamente distinti.

L'abbazia benedettina di San Pietro a Cotrebbia

Nei pressi di Calendasco, a Cotrebbia Vecchia, si trovava nell'alto medioevo un'importante abbazia benedettina, dove si tennero eventi storici di grande rilevanza. Il toponimo di Cotrebbia appare per la prima volta in un documento datato 3 giugno 865, con il quale l'Imperatore di Germania Ludovico II elargisce delle donazioni al monastero di San Sisto in Piacenza. Il toponimo Cotrebbia (dal latino caput Trebiae, in capo alla Trebbia), sta ad indicare (oltre all'antica presenza del letto fossile del fiume, che scorreva durante il IX secolo a.C. poco a ovest), la sua giurisdizione territoriale: a partire dalla Trebbia.

Qui sorgeva l'abbazia dedicata alla Resurrezione che, nell'anno 874 (anno della rifondazione) fu dedicata a San Pietro ed unita al monastero cittadino di San Sisto. L'abbazia di San Pietro compare nel testamento dell'ex imperatrice Angilberga (moglie di Ludovico II) dell'anno 877. Cotrebbia e la sua abbazia sono citate ancora nell'anno 889: Angilberga, per il tramite della figlia Ermengarda, supplica l'imperatore Arnolfo di riconfermarle la donazione di terre e beni immobili precedentemente ottenuti dal padre, Ludovico il Germanico. La supplica verrà esaudita e ratificata il 12 giugno dello stesso anno.

Ancora nell'anno 891 il monastero compare in un atto del papa Stefano V, il quale conferma al vescovo di Piacenza, Bernardo, i privilegi già goduti dai monasteri di Bobbio, Mezzano Scotti (attualmente frazione di Bobbio) e Caput Trebiae. Altri documenti portano le date 917, 950, 1014, 1096, 1128, 1136, 1140, 1151, 1162, 1179, 1181, 1187.

Negli anni 1155 e 1158, Cotrebbia vive il suo momento di maggiore risalto storico. L'abbazia ospita infatti nel 1155 i cardinali della Curia romana, giunti in qualità di emissari del Papa per interloquire con l'Imperatore Federico Barbarossa per dirimere importanti questioni. Nella zona si tenne la celebre Dieta di Roncaglia del 1158, nella quale l'imperatore Barbarossa concesse le Regalie ai Comuni, come affermano fior fiore di studi pubblicati.

Cronologia storica

I ritrovamenti archeologici di epoca romana testimoniano l'esistenza di insediamenti romani. Proprio nella zona di Calendasco, infatti, si trovava la mansione romana di Ad Padum, sulla strada Placentia - Ticinum (Piacenza - Pavia). Era presente quindi un attivissimo porto sul Po, a Soprarivo, dove si pagava una gabella (tassa) per il passaggio con le navi da o per Pavia e Venezia, e per l'attracco della nave. La gabella consisteva in 2 soldi e 1 libra di pepe (preziosissima spezia).

Atti e documenti antichi: breve rassegna delle carte notevoli

Pavia, 10 maggio 715: il re longobardo Liutprando rinnova il possesso del porto sul Po di Calendasco, porto detto Lambrum et Placentia
Pavia, 19 agosto 769: beni in Kalendasco
Calendasco, 18 aprile 784: decima alla chiesa (diritto pievano ma anche di chiesa ricettizia Vescovile, infatti il Vescovo già con Carlo Magno era feudatario di questa area)
Milano, 8 marzo 804: il presbitero di Calendasco, che qui abita, chiamato Orso ha immensi beni terrieri
Calendasco, 21 ottobre 892 ove presbiter de Kalendasco è detto essere Stabelfredus
Pavia, 22 settembre 951 (in pieno periodo di Sigerico) ove si cita il guado sul Po di Calendasco
Piacenza, 4 aprile 1056: beni e proprietà terriere poste propter strata romea nel luogo di Calendasco
Piacenza, 8 novembre 1140: terre desuper strata romea in loco et fondo Calendasco Piacenza 2 giugno 1181 feudo 'de Calendasco'
Ferrara, 5 novembre 1181: accordo tra ferraresi e piacentini per la navigazione del Po e relativa tassa in pepe al porto di Soprarivo presso Calendasco
Piacenza, 6 novembre 1187: sempre su Calendasco e la strada romea (la via dei romei, coloro che si dirigono a Roma, pellegrini, la strada romea è conosciuta anche come via Francigena).


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